mercoledì 29 settembre 2010

Spesso il male di vivere ho incontrato.

Andare va bene, però, a volte serve un motivo.

Non si può vivere in questo modo. Cazzo no. Non si può continuare a vagare nel buio alla disperata ricerca della luce. Non si può perennemente scappare dalle proprie paure, bisogna affrontarle di petto.
Cambiare luogo non ti aiuta a dimenticare. Devi cambiare vita e ricominciare da zero. Devi catalogare tutto ciò che ti fa stare male ed accantonarlo o, meglio ancora, eliminarlo. Non ha senso passare sulle cose, con la convinzione che prima o poi se ne andranno. Tocca a te togliere il marciume e l'umidità lì dove si sono creati.
Sono stanca di pensare sempre alle stesse cose, di rimuginare su me stessa aspettando un miracolo che non arriverà mai. Sono sempre stata una tipa lunatica e adesso è tornata quella maledetta voglia di estraniarmi dal mondo, di cambiare la mia vita, di scappare. Ancora ho voglia di andare a vivere da un'altra parte, di togliermi da davanti le solite facce. 
E' colpa mia, lo so, per tutte le volte che avrei dovuto chiudere e invece ho lasciato aperto. Dopo tutti questi mesi mi rendo conto di combattere una battaglia forse persa in partenza. Non si può sempre fuggire. Prima o poi bisogna trovare un'equilibrio, fermarsi e dire: ecco, questo è il MIO posto.

29 Settembre

Seduto in quel caffè
io non pensavo a te.
Guardavo il mondo che
girava intorno a me.
Poi, d'improvviso, lei
sorrise
e, ancora prima di capire,
mi trovai sottobraccio a lei,
stretto come se
non ci fosse che lei.
Vedevo solo lei
e non pensavo a te.
E tutta la città
correva incontro a noi.
Il buio ci trovò
vicini,
un ristorante e poi
di corsa a ballar sottobraccio a lei,
stretto verso casa abbracciato a lei
quasi come se non ci fosse che,
quasi come se non ci fosse che lei.
Mi son svegliato e
e sto pensando a te.
Ricordo solo che,
che ieri non eri con me.
Il sole ha cancellato tutto.
Di colpo volo giù dal letto
e corro lì al telefono.
Parlo, rido e tu... tu non sai perchè.
T'amo, t'amo e tu, tu non sai perchè.
Parlo, rido e tu, tu non sai perchè.
T'amo t'amo e tu, tu non sai perchè.
Parlo, rido e tu, tu non sai perchè.
T'amo, t'amo tu, tu non sai perchè.

martedì 28 settembre 2010

Tutti dicono di odiare l'ipocrisia, ma sei sicuro di non avere anche tu una maschera in volto?

Ci sono dei legami che sono semplicemente destinati ad essere.

A me stessa. E a tutti quelli che hanno il coraggio di essere come me.


Tu non hai bisogno di fingere che sei forte, non devi sempre dimostrare che tutto sta andando bene, non puoi preoccuparti di ciò che pensano gli altri, se ne avverti la necessità, piangi perché è bene che tu pianga fino all'ultima lacrima.

E ci salva.


Guardi a lei come un marinaio guarda la sua bussola, è quella madre che non avrai mai. Leggi nei suoi occhi la stessa paura che vedevi nello specchio. Lasci nei tuoi occhi lo stesso disprezzo di una mano che non sa più a chi obbedire. Giuri che sarai quella che lei non è mai stata, che amerai quanto lei non ha mai amato, che avrai il mondo senza possedere niente.
Scappi dal tramonto, fiumi di parole, di speranze, di sogni, di desideri, di immagini che vanno in polvere.
Le sensazioni di una vita non hanno più scopo.

Nel buio perdo il punteggio.
Quel solitario faro illumina i sentimenti di una vita.

Non è realtà, ma ne vengo rapita: vorrei dirlo, vorrei crederci, ma non riesco a ingannare nemmeno il tono della mia voce. Pensieri di chi cerca ancora la logica del suo mondo: per te, che del mio mondo non hai mai fatto parte e mai ne farai.

Ti sveglierai, avrai paura. Non è paura, ma la consapevolezza.

Sta finendo, te lo dice il mio sorriso.


Provare a capire quando sei entrata nella mia vita, ricordi evanescenti. Sapere con certezza quando ne sei uscita, ricordi incandescenti.
Se sono quella che sono è per colpa tua, se faccio quello che faccio è per colpa tua.
Forse, se tu fossi stata migliore, io varrei molto meno.

Le bugie alleviano il cuore di chi le dice, non dell’ingannato.


Forse basta che io non diventi come te per essere felice.


Una rondine non fa primavera, tante volte non mette nemmeno allegria.


Prima verrà la certezza che inizierò a vivere, poi mi accorgerò che non sarò mai nata, perché nessuno è figlio senza una madre.


Una rondine tante volte non mette nemmeno allegria, ma può essere un presagio.

Tutto quello che vediamo prima che il destino svolti dalla parte sbagliata ci sembra un presagio.

lunedì 27 settembre 2010

Un trampolino per un cielo migliore, diverso.

Perchè devi sentire il mio respiro tremare, così instabile come un funambolo che sta per cadere, per venire verso me?


Basta forse, basta condizionali, basta futuri.


Restare nuda con la paura di cadere mi spaventa e non bastano parole per non farmi sentire il vuoto sotto i piedi.
Servono le tue mani, cosìcchè io possa svelarmi, petalo dopo petalo, e darti me, me stessa, me intera, me tutta e non con il contagocce, come si fa quando si ha paura.

Mi sembra di vivere a metà la nostra felicità, il nostro amore. Io voglio solo viverlo.

Io voglio solo viverci.

Viverti.





[Vorrei solo poterti amare]



Living the world from another corner.

























Un trampolino per un cielo migliore, diverso.

giovedì 23 settembre 2010

Maybe tomorrow

Been down and I'm wondering why                                                                            
these little black clouds keep walking around with me, with me.
Waste time and I'd rather be high,
think I'll walk me outside and buy a rainbow smile but be free, be all free.
So maybe tomorrow I'll find my way home.
So maybe tomorrow I'll find my way home.
I look around at a beautifiul life
I been the upper side of down; been the inside of out but we breathe, we breathe.
I wanna a breeze and an open mind,
I wanna swim in the ocean, wanna take my time for me, it's all free.
So maybe tomorrow I'll find my way home.
So maybe tomorrow I'll find my way home.
So maybe tomorrow I'll find my way home.
So maybe tomorrow I'll find my way home.






Così forse domani troverò la mia strada di casa.

venerdì 17 settembre 2010

Un mondo a prova di incapaci

Finalmente un po' di tempo per fare un sano cazzo.

Non sto costruendo un fallo in terracotta, questo mi pare ovvio.

Ormai ovunque è tutto for dummies. Siamo diventati degli incapaci in tutto.
Cellulari a prova di imbecille, che pure io mi perdo fra i menu, ma sono user friendly, dicono.
Sistemi operativi per incapaci. Perchè oggi il pc lo può usare anche mia nonna. A patto che non ci sia qualcosa che va storto, perchè a quel punto si comincia a rompere il cazzo a chi un minimo di più si è documentato.
Certo.

Tutti col pc.
Tutti con Internet.
Tutti a scaricare pornazzi da mattina a sera.
E quando va a puttane il pc e non si accende quasi più?
Ormai il giochetto si è imparato: se lo porti in riparazione te lo asfaltano.
Allora cosa si fa? Si va dall'amico che ci capisce e gli si scassa il cazzo a tutte le ore, perchè non si vogliono perdere le foto del mare e gli indirizzi msn delle zoccole che fanno gli strippincam scritto tutto attaccato.

Eh sì.

Un po' come quelli che ti dicono "ma te ce l'hai Google sul tuo computer?".

Siamo veramente arrivati alla deficienza.

Quindi ora i pc sono super user friendly. Si fa roba tipo Vista che, se voglio scrivere col notepad, mi chiede dieci volte se sono sicura, sia mai che volessi aprire il registro di Windows.

Tutto è automatico, perchè noi non lo sappiamo fare.

Un mondo a prova di incapace.

E il risultato?
Il risultato è che tutti ora hanno il Tom Tom. Il mitico Tom Tom. Sì, e il Jerry Jerry. Ma era ubriaco quello che ha scelto il nome? O si son solo sbagliati?

Perchè siamo arrivati all'assurdo.

Si compra il navigatore e si mette sul suv enorme stile Q7 (cazzo il Q7) per andare alla Coop dietro casa. Così, almeno, ci dice "gira".
Perchè noi non sappiamo girare da soli.
Non si sanno più leggere i cartelli.

Il risultato è che si compra l'aipod e l'aifon perchè son bellini spendendo 100 milioni di dollari. Perchè hanno la rotellina che gira, quando il buon vecchio lettorino mp3, miseria di 5 anni fa, andava che era una meraviglia e non ci dovevamo nemmeno sbattere con aitiuns.

Vedi gente con lo Smartphone (leggere la voce aifon appunto) che ci gioca ai giochini e nemmeno ci telefona. Anche perchè visibilmente in difficoltà nell'usare il touch screen, mitico, con una due dieci dita, e non c'è verso la foto non si ingrandisce, ma nel frattempo hai chiamato 6 numeri in America. Telecom ringrazia.

Bel mio sega megadrive.

Ho sentito di gente che compra il mac o il mc (come a qualcuno ho visto scrivere) e ci installa Windows. Eh, complimenti, mi verrebbe da dire. Furbo.
Ma è più bellino.
Eh lo so. Tira più una mela morsa... Ah no, forse non era così.



Si sa, siam pecore e, in quanto tali, si bela.

Self love

Continuo a domandarmi perchè le persone non si vogliono bene.

Le persone è un soggetto generico e non individua un particolare individuo. (Allitterazione?)
Ti svegli la mattina, ti alzi, mangi (o magari no), ti lavi i denti (si spera), e fai il casso che devi fare. Tutto al fine di rendere la tua vita un minimo più accettabile, vivibile, piacevole. Dipende dalle situazioni. E poi, sistematicamente, consapevolmente, sfacciatamente ricadi negli stessi errori di sempre.

Sbagliando s'impara?
Sbagliando si ribadisce.

C'è chi lo chiama "amor proprio", c'è chi lo chiama "orgoglio", c'è chi lo chiama "lezione di vita", c'è chi lo chiama semplicemente "noia".
Perchè, in fondo, a queste persone, non viene a noia di ripetere sempre le stesse cose? Non viene a noia di autocommiserarsi? Non viene a noia di rivivere spezzoni sempre uguali?
Ma è difficile, dicono. Anche se non ho mai capito cosa sia difficile. Personalmente trovo molto facile volermi bene. Almeno sono sicura che qualcuno c'è. Io.
E' difficile più o meno come usare il pollice opponibile, insomma pare una cosa abbastanza naturale.
Ma c'è chi riesce, nell'intento di prendersi per il culo una vita.
Questo è veramente un casino. Mi chiedo spesso come si faccia. Non è mica semplice ingannare il proprio cervello, col proprio cervello, ma è ovvio che non stiamo parlando veramente di questo. Il processo mentale è, palesemente l'autoconvinzione. Al fine di? Convincere l'altro, in modo che il cerchio ricominci. Così posso lamentarmi, chiedere attenzioni, parlare del nulla cosmico per ore e sentirmi al centro dell'universo. Ancora e ancora e ancora...

Quando la vita te la rendi tristemente prevedibile. (cit)

Il tutto è, nella grandissima maggioranza dei casi, collegato ad una lei o ad un lui. Ovviamente. Non si scappa.
Siamo ormai così omologati e tutti uguali da riuscire ad esserlo non solo nell'abbigliamento o nella macchina o tutti su Feisbuc, ma anche nel modo di gestire i rapporti.
C'è chi dice che, se non si litiga, non c'è pathos.
Mai cazzata poteva essere più grande. E' un po' come dire che devo crearmi problemi per stare meglio.
I pazzi che cercano altri pazzi, i gelosi che cercano conferme, gli strafichi che cercano strafiche (ma quasi mai li ho visti realmente insieme), palestra con palestra, calcetto con shopping, pittori con poetesse, e via dicendo. Il tutto, sempre e comunque, tormentato. Più o meno, le nuove fiabe, andrebbero così:
Cenerentola ha una vita di merda, la matrigna la tratta di merda, le sorellastre peggio, fa la schiava.
Un giorno le appare la strega comandacolori, le crea un vestito da sera, le scarpette e la coroncina, la trucca, la sistema, la tira a lucido, ma cenerentola è incazzata perchè voleva le Converse e i jeans strappati perchè lei è alternativa e ascolta i Nirvana tutto il giorno.
Una volta sistemata va alla festa. Un po' imbronciata per via del coprifuoco a mezzanotte, si mette le cuffie dell'Aipod e, da una parte, ascolta Rock anni '70, in mezzo a un cumulo di persone con cui non condivide nemmeno un gruppo o un film. Ad un tratto vede il principe, bello come il sole, moro, occhi blu, frangetta e un vistoso piercing al labbro inferiore. Tra la folla lui la nota e la invita nelle sue stanze a sentire le canzoni emo-punk che ha scritto tutti questi anni, costretto nella sua gabbia dorata.
Lei resta estasiata e gli recita a memoria alcune delle sue poesie ispirate dalla sua adorata Isabella Santacroce.
Tra i due scocca la scintilla. Ma scocca anche la mezzanotte e Cenerentola deve assolutamente tornare a casa, altrimenti la strega comandacolori non le farà più vedere Veronica Mars il pomeriggio.
La povera ragazza, quindi, scappa senza dire nulla, per creare un po' di pathos e, nel correre via, le cade la spilletta dei Ramones, che viene a sua volta raccolta dal principe.
I giorni seguenti il principe non si dà pace, perchè non sa chi sia quella ragazza, compone altre 10 canzoni emo, fa il triste e non vuole parlare con nessuno.
Lei, dal canto suo, è di nuovo costretta ad ascoltare a giornate la Pausini e Ramazzotti e non può darsi la matita nera agli occhi.
Lui, allora, decide di convocare a palazzo tutte le donne del reame: colei che conoscerà quella band chiamata Ramones sarà sicuramente la sua lei.
Per farla breve, la nostra lei va a palazzo, gli racconta la storia dei fratelli punk e lui la riconosce.
A questo punto ci vorrebbe il bacio e tutti vissero felici e contenti.

Ma.

Lui le rinfaccia di essersene andata senza salutare, lei di aver guardato con occhi troppo dolci una delle ragazze scartate, una fan dei Dari e, quindi, di miserabili gusti musicali, così cominciano a litigare, lui si fa la grupie, lei si fa Ramazzotti e tutti vissero tristi e autocommiseranti.


Prima o poi la racconteranno così, magari meglio di così... ma il succo sarà quello.

Self love.
Volersi bene è facile, basta smettere di fare le teste di cazzo.

Deflessioni sparse

Il caldo mi ha decisamente stufato.

- Notare, peraltro, il gioco di parole caldo/stufa/stufare. Compiacimento mode on. -

Voglio un po' di freddo.

Parlare del tempo per riempire il tempo. Un non sense quasi interessante.





Oggi si parla con saccenza di un mucchio di cose che non si conoscono per poi trovarsi, comunque, a non avere un'identità, ad inseguire falsi miti, ad integrarsi nel gregge fingendo di contrapporvisi.



La musica che ascolto non mi rende me stessa. Contribuisce solo ad aumentare la quantità di insulti che posso rivolgervi se quel che ascoltate non mi piace.

Cerebrale

Cambiare non è cosa di questo mondo.

mercoledì 15 settembre 2010

Coniglietti rosa fatti a pezzi da Jack lo Squartatore

Ultimamente vivo in un mondo strano, pieno di insoddisfazione. Mi manca qualcosa.
Cerco ripetutamente qualcosa che, ovviamente, non conosco.



Orribile sensazione.



Ricerca di qualcosa.
Del tempo perduto, del tempo che verrà.

Cerco ancora di capire chi sono in realtà.

La ricerca non finirà mai. Non troverò mai una risposta.
So chi sono oggi, ma domani avrò bisogno di una nuova risposta perchè mi vado già stretta.


Dovrei volare, in realtà potrei.
Ma non voglio.


E' la paura che ci frega.
Quella mi fregherà sempre.



E a volte la lascerò vincere, così avrò qualcun altro da incolpare per i miei fallimenti.
E userò una solita scusa per giustificarmi.
E' così facile trovare una scusa... Mi riesce così bene.



"Non è colpa mia!"



Ma non ci crederò, perchè so bene che la colpa sarà solo mia.



Amen

Tè con pasticcini

Sai cosa vorrei in questo momento? Vorrei accoccolarmi con te su un divano e guardare un film della Disney.



...



Mi faccio impressione quando riesco a concepire queste cose. Rari momenti di vaga dolcezza della quale mi pento subito dopo.



Brrrr
Ho ancora i brividi...

lunedì 13 settembre 2010

Tutto è limpido, questa è l'ora dell'eternità

“Come mai certe volte metti lo zucchero nel caffè ed altre no?”
“Dipende. Dalla sua temperatura: se è freddo o tiepido lo bevo amaro. Se brucia lo prendo dolce. L’espresso del bar non è mai né caldo né freddo, quindi a volte lo zucchero, a volte no.”

Soltanto una tra le mie abitudini. L’ennesima dimostrazione dei fragili equilibri su cui si reggeva tutta la mia vita. Un insieme di pensieri in potenza o di gesti in atto, di certezze da cullare nel silenzio della propria testa, che si incastravano alla perfezione nel caos della mia vita. Combaciavano, si stringevano.
Avevo trovato il posto a tutto. E se ne stavano stretti stretti dentro di me.
Se volevo, potevo aggiungere qualcosa, ma non ero altrettanto sicura che avrei accettato con serenità che qualcosa mi fosse stato tolto. Pensavo che si trattasse proprio di equilibri. Fatichi così tanto a costruirli che, al solo pensiero dell’imprevedibilità della vita, ne esci talmente distrutta da scoppiare in lacrime all’una di notte di uno fra i tanti venerdì sera.

Sono domande che mi sono sempre fatta. E sono abitudini che ho sempre avuto.

Ma è soltanto da un po’ di tempo che mi soffermo ad osservarmi, che faccio caso alla mia gestualità, come se mi osservassi dall’esterno. E mi trovo incredibilmente buffa.
Ho sempre saputo di aver creato degli equilibri e di essermi fatta forza proprio in nome di quelli, ma è soltanto da un po’ di tempo che penso al sapore che potrebbe avere la perdita.
Tutto coincideva con un unico momento. Quello in cui avevo incontrato me stessa sotto le vesti maschili. O quello in cui avevo capito che non valevo, poi, tanto da sola. O quello in cui vidi che avevo, anche io, bisogno di qualcuno.
Io non pensavo certo di poter tornare sui miei passi tutte quelle volte, di pensare una cosa ed accorgermi che stavo già alzando il telefono, pensando l’opposta.
No, non lo pensavo. Non lo speravo. Non lo credevo.
Ed era fatica, è faticoso amare, tanto che, certe volte, quel “vaffanculo” che esce dalla bocca è davvero sincero.

Avevo cominciato a farmi domande, ad osservarmi, ad indagare sulle ragioni che muovevano ogni mio gesto o ogni pensiero, da quel momento lì. Da quando ho dovuto arrendermi all’idea che c’era qualcosa, esisteva qualcuno che valeva più del mio orgoglio. Più della mia indipendenza. Aveva completato un equilibrio e, nonostante la fatica per tenerlo a posto, sapevo che, se tutto si fosse rotto, ne avrei sofferto.
Nell’infinito spazio che occupava ogni mio equilibrio, ogni mia abitudine, tra tutte le paure che nascevano al pensiero della perdita di una qualunque fra le essenze fondamentali per me, pensavo che la più grande fosse proprio questa. Quella di veder scomparire qualcosa che avevo visto nascere, che avevo provato a difendere. Qualcosa che mi rendeva completamente felice, anche quando mi faceva incazzare.
Tutte le mie aspirazioni, le mie speranze o i miei progetti si annullavano di fronte ad un’eventuale scelta.
Sarei stata disposta a scendere a tutti i compromessi del mondo per quelle carezze. Ne valeva la pena, non si trattava di sdolcinerie. Ne valeva la pena perché esisteva qualcosa che poteva calmare le mie paure, asciugare le mie lacrime e farmi ridere mentre piangevo. Mi faceva felice. Mi sembrava così straordinario... Tutto, tutti i miei equilibri tenuti insieme con fatica, fragili, effimeri, dipendevano da qualcosa di ancora più fragile e imprevedibile, come la vita umana. O il carattere di un uomo, il suo capriccio. Il suo amore.Tutto sospeso sul sottile filo dell’amore che provava per me.
E non ne avevo nessuna paura, anzi. Volevo che continuasse ad essere così per sempre.
Ho dato il mio cuore, ho creato equilibri, e non avrei mai voluto averlo indietro.

Senza parole, soltanto stupore

Mi guardo allo specchio e mi faccio mille domande.

Mi osservo, ma so che lo sguardo non si ferma all'immagine di me riprodotta nel vetro. Va oltre, viaggia. Oltre gli occhi, oltre la pelle, attraversa tessuti, muscoli, organi. E si ferma al centro, immobile. Là, dove sono io. La parte di me che più amo e che, nello stesso istante, più odio.
Quella che penso sempre di conoscere ma che, lo so, non conoscerò mai abbastanza.
I miei occhi si fermano là, al centro del mondo, almeno del mio, e mi lasciano il tempo di osservarmi, di guardarmi. Un tempo sufficiente per provare a capirmi.
Alla fine quello che vedo è sempre la stessa cosa, quello mi pare quasi un luogo eterno, immutabile nel tempo, inaccessibile allo spazio. Mi vedo, sempre con gli stessi errori, sempre con gli stessi pensieri. Le stesse cose per cui lottare, la stessa, identica convinzione di riuscire soltanto a perdere. E quando mi guardo vedo me e, a volte, dentro me ci vedo il mondo.
Tutti con la stessa convinzione che nella vita non ci siano errori da scontare, quanto una sfortuna immensa e cieca da combattere.
Riesce sempre più facile lavarsi di dosso ogni responsabilittà, guardarsi nello specchio e vedersi puliti, piuttosto che accettare l'idea che, se uno sbaglio c'è, non nasce che da noi, dalle nostre scelte, come diretta conseguenza di ciò che abbiamo deciso. E' sempre più comodo puntare il dito verso il destino, la sfortuna, la cattiveria altrui, la mediocrità, gli eventi, piuttosto che ammettere che siamo stati, almeno una volta, dei coglioni.
Io mi guardo allo specchio e questo dito lo voglio puntare su di me, mi voglio guardare dentro, vedere lo schifo che ho accumulato, facendo finta di non essere responsabile delle mie scelte, e provare a toglierlo, una volta per tutte.
Non c'è nessun carnefice e, in fin dei conti, neanche nessuna vittima. E non sono stati nè destino, caso o sfortuna a portarmi qua, oggi, con questa sensazione di inadeguatezza, inconclusione, fallimento. Sono stata io. Con le mie scelte. Con i MIEI sbagli.
Ed ammetterlo è un buon punto da cui ripartire.

Il cuore di un bimbo appena nato pesa 20 grammi. 1 in meno dei 21 riservati all'anima, così si dice.

Se penso che il peso del mio oscilla tra i 230 e i 280 e non può andare oltre e alla perfezione nascosta dietro ad ogni singolo meccanismo nascosto dietro ad un semplice battito, ad un respiro o ad un movimento, mi viene da credere che la vita sia davvero meravigliosa. Che sia complicata, a volte difficile, sicuramente tutta da combattere.. ma sento che, per una precisione così perfetta, per un'attenzione delicata verso ogni dettaglio, ne vale la pena. Vale la pena lottare per difenderla, per mantenerla, per viverla e per non sprecare un secondo, un attimo, di questo meccanismo perfetto.
Mi sento malinconica stasera, forse è la stanchezza, forse è l'ennesima sensazione di meraviglia che provo di fronte a una complessità che, in fondo, all'apparenza sembra elementare.
Avrei voglia di ringraziare, per ogni istante che ho potuto apprezzare, per ogni sconfitta e per ogni vittoria, per le cadute che mi hanno permesso di trovare delle mani, tese verso la mia, per aiutarmi ad alzarmi.
Vorrei osservare la fragilità che sta dietro ad ogni nostro meccanismo, perfetto ma delicato, vorrei mischiare insieme gli ingranaggi che regolano le nostre esistenze, vorrei che non ci fosse una distinzione fra noi.

giovedì 9 settembre 2010

Tutti i miei sbagli

Ricordi.
Come si può non amare la tua liscia pelle diafana ed i tuoi grandi occhi verdi ed il tuo largo sorriso bianco?
Lo devo chiedere a lei, perchè così forse riuscirei a dimenticarti.

Non puoi sapere quanto io stia male, ora.

Quanto mi sento S T U P I D A nell'ammirare il tuo profilo perfetto, delinato da quel piccolo nasino all'in sù, quel tuo profilo che non sarà mai più mio.

Sospiro.

La tua espressione non è più indifferente, ora sembri quasi... intimorito?
Cosa ti preoccupa?

Ti avvicinavi piano al mio viso.

"Cosa stai facendo?"

Le tue labbra erano ad un palmo dalle mie.

"Cosa cazzo stai facendo?"

Sentivo il tuo respiro sulla pelle.

"Dannazione, allontanati."

Il tuo naso si strofina contro il mio.

-"Co..?"

Non mi fa finire di parlare.
Mi sta baciando.
Non è giusto.
Continuavo a ripetermi che non c'era niente di giusto in questo.

Cazzo Sa', riprenditi, vuole solo essere consolato da te, domani mattina sarà tutto finito, domani mattina tu ti sentirai morire e se il suo cuore sarà in parte ricucito, il tuo sarà un ammasso di granelli di polvere grigia.

Staccati da lui, prima che sia troppo tardi.
Era inutile. Non ci riescivo.

Io lo amo.

Lui non mi amerà mai, ma non mi interessava.

Lo volevo.

Volevo il suo corpo, la sua pelle, volevo arpionarmi con le unghie ed i denti ad ogni singolo centimetro di lui.
Non potrò più avere il tuo cuore, ma volevo avere il tuo corpo, almeno per quella notte.

La mattina seguente mi sembrava di morire.
La mattina tu ti sentivi una merda.
Ed io ero troppo egoista per poterti impedire di commettere questo errore.

Wanna feel your touch

Ho bisogno di stabilità e non riesco ad averne.

Continuo a chiedermi se tutto questo sia la cosa giusta e mi ripeto a giorni alterni che non lo è, perchè sono sempre più instabile, sempre più sospesa in aria su un filo quasi invisibile con la mia bicicletta monoruota.
Guardo giù e vedo le persone che potrebbero darmi ciò che cerco, ma non voglio scendere da loro, continuo a camminare verso di te, verso l'ignoto, verso qualcosa di troppo rischioso per poter essere portato avanti.
Ma guardo i tuoi occhi e avanzo comunque lentamente, dopo ogni passo indietreggio di due, ma non torno mai giù perchè ormai sono lanciata verso quest'avventura che non voglio più vivere.
Intrappolata nella mia stessa ragnatela di pensieri e sentimenti discordanti tra loro, lunatici fino alla follia, dolorosi fino alla morte, tendo le braccia verso di te che, distratto, dall'altro capo del filo sei attratto da quello che dal basso ti chiama a gran voce.
E sono stanca di sbandare, sono stanca di non trovare il mio equilibrio, sono stanca di dovermi avvicinare.






Perchè non proviamo a scendere insieme?







Domani sera si affoga tutto.

 
Chiudo gli occhi un momento, ma sembra infinitamente troppo lungo.

Sembra quasi che l'attimo di vaga serenità del dormiveglia si impossessi di me quando appari scrosciante e invadente tra le immagini della mia mente, quando vedo quel tuo sorriso bianco fare capolino nei vortici colorati dei miei pensieri di folle insonne.
Sento la fine cucita addosso, così stretta da farmi male, come se l'ago si conficcasse in profondità nella pelle, lasciando sangue sempre più nero rigare la mia pelle umida, in attesa di una fine della fine che non sono sicura arriverà.
Chiedere desideri alle stelle cadenti su una spiaggia buia è illusorio.
Contare le scie di aerei nel cielo terso di un giovedì pomeriggio è mentirsi.
Pregare una divinità inesistente stando sdraiata sul letto cercando di prender sonno è falso.

Dormire è il modo migliore per non sperare e non pensare e non piangere.

Ma si sa, l'insonnia è una brutta bestia.

Vieni a vedere perchè.

Passo dall'isteria alla nostalgia e dall'ira funesta all'illusione crudele minimo dieci volte al minuto.
E sorrido perchè, in fondo, ne è valsa la pena.

Sta ricominciando ad essere tutto leggermente paradossale.



Mi diverto così.

mercoledì 8 settembre 2010

Lasciami leccare l'adrenalina

lasciami leccare l'adrenalina

lasciami leccare l'adrenalina

lasciami leccare l'adrenalina

lasciami leccare l'adrenalina

voglio cercare la mia alternativa

e la mia alternativa

è la scossa più forte che ho

è la scossa più forte che ho

martedì 7 settembre 2010

Capita talvolta che ci si fermi, nella propria vita, a riflettere sulle cose fatte, su quelle non fatte, su quelle che avremmo dovuto o voluto fare. Poi tutto passa, con un perpetuo e insistente moto ondoso di eventi che ti spingono a spegnere, anche solo in apparenza, il cervello. Ma il ciclico andare delle cose c'insegna che, dopo la burrasca, il mare si calma, che non può piovere per sempre, che, se vuoi vedere l'arcobaleno, devi sopportare un po' di pioggia, che... Cazzate... Cazzate... Cazzate.

Mi ritrovo ora con un cervello con uno strato di polvere alto qualche centimetro, formato dall'accumularsi degli impegni e il diminuire del tempo che per me stessa avevo. E ora che riaffiorano man mano i ricordi delle cose fatte in questi giorni, trascorsi come fogli strappati da un calendario di un vecchio film anni '80, mi rendo conto.
Vivevo inconsapevolmente la mia vita di ogni giorno; la mia vita di studentessa, di figlia perfetta, con l'estrema convinzione che tutto mi fosse dovuto, che quello che mi capitasse fosse naturale. E ora, che il più "piccolo" dei miei problemi richiederebbe uno sforzo immane solo a considerarsi, mi rendo conto che non mi era dovuto proprio un cazzo.
Ora sono consapevole.
Ora capisco la facciata che vivevo.
Ora tutto ha un senso.


Si stava meglio prima.


E poi c'è l'amore! Ma che bello l'amore! In particolare è spettacolare farlo da Trieste in giù. (:/) Ma c'è una cosa dell'amore che è davvero disgustosa: i suoi rappresentanti.
Le persone innamorate e felici sono quelle che ti guardano con occhio languido e compassionevole e, posandoti una mano sulla spalla, ti dicono di non preoccuparti, che prima o poi succederà anche a te. Sono quelle che vedono il mondo solo nella sua estatica bellezza ed elevano le miserimme stupidaggini a dogmi di estetica. Augurano il bene all'intera popolazione mondiale, sperando che tutti possano sentire ciò che loro sentono. Diventano inconsapevoli maestri di sentimento. Le cose che osservano le osservano con occhio diverso, ovviamente innamorato, con la presunzione di riuscire a comprendere ciò che gli altri nemmeno riescono a notare. Sono quelli che fino al giorno prima odiavano a morte una canzone e il giorno dopo la eleggono a manifesto della propria relazione. Sono quelle persone che mettono da parte il pudore e giustificano qualsivoglia imbecille manifestazione del proprio sentimento in nome dell'Amore; che spiegano qualsiasi contestazione nei loro confronti con il termine "invidia". Diventano altruisti e collettivisti, fino a fregarsene poi se qualcuno non vuole stare ad ascoltarli, forti della loro forza e al forte Amore grati. Tutti sono caratterizzati inoltre dalla presunzione che nessun uomo mai al mondo, nei tempi passati, presenti e futuri, ha amato, ama o amerà come amano loro.
Gli innamorati sono fuori di senno. Ciò che li giustifica e che li fa apprezzare è che, fortunatamente, gli dura poco.



Whisky and cigarettes.

Overdose is the place to be.

Is the city to live.

lunedì 6 settembre 2010

Un nuovo fantastico post. Evviva!

E' inevitabile, prima o poi bisogna scrivere.



E' troppo difficile parlare senza risultare banali, lamentosi o logorroici. Anche perchè sono la prima a pensare male di tutte le persone che si confidano con me. Nello sfogo altrui vedo solo un puerile egoismo, per cui evito il più possibile di sfogarmi io stessa. E ad un certo punto, esplodo.
Delle persone che mi stanno intorno invidio la capacità di vivere gli eventi in prima persona, senza mai guardarsi troppo dall'esterno. I sentimenti che si dipingono sui loro volti sono veri. I miei sono spesso recitati in base alla situazione, perchè quelli veri li ho lasciati da qualche parte durante una putrida adolescenza. Le persone mi sembrano vere, di quella verità che ho perso. O forse sono anche loro dei patetici attori. Non mi sento comunque alla loro altezza.

E come volevasi dimostrare, invento problemi stupidi.

Mi ricordo delle farfalle nello stomaco, di come il corpo reagiva al sole, al vento o alla pioggia. Mi ricordo il calore pulsante delle mani dopo pranzo, la luce dispettosa del mattino. C'erano dei significati in ogni percezione, dimensioni non verbalizzabili. Era come vivere in un film dalle mille possibilità, dai mille risvolti, dalle infinite sfumature. Adesso c'è solo una distesa di ghiaccio che mi scricchiola sotto i piedi. Sotto c'è un oceano di petrolio.

Che non mi si venga a dire che mi piango addosso. Ho cambiato prospettiva decine di volte; ho cambiato stile di vita a ritmi di tre o quattro anni. Mi sono cimentata come asociale, come bulletta, come intellettuale, come sportiva, come marpiona, come meditatrice. Ho alzato il culo ogni volta che mi sono bloccata ed ho lottato con ogni cellula a mia disposizione. Eppure il punto di arrivo sembra sempre questo, la nausea.
Ho uno schifo abnorme dentro, una nuvola di fumo e acidi neri. Ogni mio movimento è una bestemmia nell'estetica dell'universo, sono storta e fuori luogo. Puzzo di innaturalezza.
Voglio scoppiare, vorrei frantumarmi in miliardi di pezzi per poter smettere di pensare.




"Si dice che il male trionfa se il bene non fa nulla per impedirglielo. La verità, è che il male trionfa." - N. Cage - Lord of War.
E credo davvero di poterlo fare.

Credo davvero di volermi liberare di tutto, di tutti.
Ricominciare da zero.
Rinunciare finalmente a tutto, uscirne.
Rimanere sola e bastarmi.
Rimanere sola e stare meglio.
Cancellare senza sbavature ogni volto, ogni voce, ogni film, ogni casa, ogni pensiero, ogni desiderio, ogni necessità.
Ricostruire tutto dalle fondamenta, solo con le mie mani.
Scegliere senza basi, scegliere e basta.
Scegliere e che poi sia finita.
Affrontare il vuoto, il silenzio, lo stomaco, il rumore, la paura.
E frantumare tutto e spazzare via i pezzeti.
E guardare sola un'alba nuova e vederla mia.Solo mia perchè in me ci sarò solo io, sarò piena di me stessa e vuota di tutto il resto.
E credere che funzionerà, che non mi mancherà nulla perchè nulla di ciò che ho qui mi è indispensabile.
Posso respirare comunque, mangiare comunque, farmi la doccia comunque.
Soltanto io mi sono necessaria.

Posso vivere anche soltanto di me.



Posso vivere anche soltanto di me?

Reality

Ammazzare il tempo, si dice.

Ma è sempre il tempo ad ammazzare noi.



Ci siamo sconvolti.







Nel mondo reale ti aspettano lettere di amore e di odio e di cose che non esistono più.
Nel mondo reale ti aspettano i soliti sogni di amore e di odio e di cose che non esistono più.
Nel mondo reale ti aspettano quelli che per settimane avevi cancellato, quelli che ti erano mancati e quelli che no.





Love is more than just holding hands.



Io torno dove non esiste niente, per fare ancora finta che non debba davvero cominciare a vivere.

Il mio amore a pillole

A volte penso che dovrei mollare tutto.

Certi giorni sono stufa di continuare a lottare, sì, anche se quello per cui devo farlo è l'amore.
Passi dicinnove anni chiedendoti dove sia, pensi al peggio, pensi che forse non arriverà mai. Poi, un giorno, dopo tanti falsi allarmi, te lo ritrovi davanti. E sei talmente felice che vorresti esplodere, saltare, urlare. Vorresti scrivere su tutti i muri "L'AMORE ESISTE, CREDETECI", vorresti andare da tutte le persone diffidenti e raccontargli la tua storia, così che abbiano un po' di fiducia.

In quel momento vuoi solo vivere, più che puoi.

Dimentichi di dormire perché sai benissimo che i sogni non gli renderebbero giustizia. Conti le ore, i minuti, i secondi che mancano a rivedervi e, man mano che il tempo si avvicina, i tuoi occhi brillano sempre di più, il tuo corpo trema all'idea di sfiorarlo ancora.

Diventi tremendamente insicura.

Passi le ore a fissare l'armadio nella speranza di trovar qualcosa che quel giorno ti faccia sentire bella o, per lo meno, accettabile. Ti preoccupi di non fargli mai mancare niente, diventi maniacalmente attratta da ogni sua funzione vitale. Vorresti che i giorni fossero più lunghi. Saresti disposto a sacrificare le ore di sonno pur di guadagnare tempo, vorresti viverlo più che puoi, ogni giorno.

Invece no, non puoi.

Hai tanto di quell'amore dentro che ti senti scoppiare, ma devi imparare a razionalizzarlo, a scomporlo in quei piccoli attimi insieme.
Certi giorni non riescivo a vivere di solo quei momenti e mi rendevo conto che non volevo nemmeno imparare a farlo.

Sono stufa di dover amare a piccole dosi, sono stufa di lottare.

Ma era troppo bello per essere vero eh?
Mi hai lasciata e, dopo due anni, sono ancora qui, a vivere di te.

E l'amore che ogni tanto fa male

Datemi una bottiglia di vodka, almeno avrei un motivo più serio per sboccare l'anima.

Voglio bere fino a dimenticarmi chi sono, cosa voglio, cosa devo cambiare.
Voglio cancellare il passato, le persone che mi hanno lacerato il cuore. Quelle dannate persone che non riesco ad eliminare.
A volte vorrei che i ricordi fossero sul disco rigido di un computer, dove posso, con pochi semplici click, eliminarli per sempre.
Il passato è passato e dovrebbe rimanere tale, non ripresentarsi di colpo nel presente a far solo danni.
Sono stata una sciocca a pensare che bastava sostituire le emozioni per dimenticare tutto.
E un amore trasformato in pseudo rapporto decente apre una ferita che in fondo non si era mai sanata.
Credevo di esser stata brava, avevo superato tutto con qualche strappo al motore, ma non mi ero accorta che, man mano che i tagli al cuore si andavano cucendo, io mi riempivo di batteri.
Ogni qual volta un punto vien via, un po' di animaletti malvagi si risvegliano dal letargo e mi fanno rivivere tutti quei momenti in cui mi sono sentita una bambola di scarto. Tutti quei momenti in cui, le persone che amavo, han pensato bene di lasciarmi in un angolino, al freddo, senza alcuna spiegazione. E quelle fitte al cuore ritornano, più vive che mai. E la paura che tutto quel male possa riassalirmi mi incatena il corpo lasciandomi senza ossigeno.

Non sai cosa darei per essere vergine di ricordi e darti tutta quella maturità di cui hai bisogno.

domenica 5 settembre 2010

Should would... could?

Vorrei solo non esserne gelosa.
Vorrei non sentire la tua mancanza.
Vorrei non provare quest'angoscia.
Vorrei non volerti più.

sabato 4 settembre 2010

Se il mio amore è una patologia, saprò come estirparla via

Cercando calore tra due cuscini bianchi.
Dormo sogni già visti, dormo sogni che poi al mattino non riesco a trattenere tra i pensieri. Questo no, no, questo non era un sogno, ma mi sveglio col rumore della pioggia che bussa al vetro e disperde buio ovunque. Pile di libri per terra che aspettano solamente la mia voglia. Ci sono aspettative ovunque in questa casa: tutte lasciate a metà. C'è pioggia ovunque. E mi scivolano addosso i sapori, gli sguardi, le urla di tutti gli altri.
Non posso parlare: mi abituo a ingurgitare la mia stessa vita. Affondarla da qualche parte lontano dal cuore, protetta da un fegato enorme e inaspettatamente resistente.
Quanti pugni ancora? Quante pillole di veleno ancora? Quanto ancora bisognerà pisciare scuro? Quanto ancora confondere il sangue con la normalità?
Prepotentemente si apre la strada tra i miei no e tra la mia quasi vana resistenza. Allora mi spezzo le unghie scavando, grondando sangue dal muro per poter spalancare finestre. Per far entrare luce.
Ci sono giorni in cui la realtà si arrende al bisogno di finzione. Sterile e illusoria. Che sale la rabbia e la pelle si scalda. Che sale la rabbia e i pugni si stringono. Che sale la rabbia e il silenzio diventa sporco e fa più rumore di quello che produce l'anima. Che sale la rabbia e sovrasta il dolore. Che non c'è pace neanche nel letto più bianco.
Lo so, capisco, che in te non ci sia un'evidente poesia. Ma accarezzerei il tuo viso per ore, scrivendoci sopra con una penna tinta di un'invisibilità indelebile. Accarezzerei i tuoi capelli per ore, passando con l'altra mano per le labbra, allontanando una volta per tutte una letale solitudine vissuta unicamente in compagnia di parole come "mai" e "per sempre".




Non voglio dire niente di comprensibile, sebbene per me sia tutto molto chiaro.





Lo so che il mio amore è una patologia. Vorrei che mi uccidesse ora.

Piove ruggine...

...dai baci con l'amore in bocca, lasciati con l'amaro in bocca.




Mi ricordo gli inizi. Conosciuti nell'imprevedibilità di giorni dedicati al sole.
Dicono che l'inizio sia il periodo più bello. Io non ho mai capito quale sia stato davvero il nostro inizio. Troppo confuso, una somma di istinto e razionalità. Una somma di paura e volontà. Una somma di paradossi.
Mi ricordo che ci svegliavamo distanti kilometri ma pensando di essere nello stesso letto.
Mi ricordo gli inizi, ma non l'inizio. E ho presente com'è adesso, con la tua generale indifferenza. Le tue domande che lasciano a me il tempo di rispondere, contraddirmi, correggermi e stare in silenzio. Con la mia vita che ha perso valore, curiosità e morbosità al punto da risultarti sconosciuta. La mia doppia, talvolta tripla vita che per guarire avrebbe solo bisogno di un po' di ascolto. Ora che nel mio letto potrebbe entrarci chiunque, con in fianco il mio corpo immobile e sempre più bianco. Con il mio sguardo fisso, che anestetizza la propria rabbia coprendola di vuoto. Freddo. Con le mie labbra sempre più tagliate nella loro morbidezza. Con le mani sempre più fredde e ferme.
Non ho altro da fare che star qui immobile a fingere di non percepire emozioni. A tamponare il naso, a mordere con i denti quel poco di vento che lascio entrare. Avrei solo bisogno di parlare.

If you want my future, forget my past.

Così, sono tornata. Neanche il tempo di metabolizzare tutto ciò che, eventualmente, avrei almeno dovuto dimenticare. E nel tornare, ogni metro che la macchina divorava, sentivo il freddo salire insieme all'umidità e, con loro, una sorta di angoscia. Una sorta di presa di coscienza di un'inevitabile ritorno ad una realtà che fondamentalmente odio. Per questo oggi non ho grandi parole da lasciarvi e preferisco assorbire del tutto i ricordi.

Ridere ancora come una deficiente per ogni battuta e sorprendermi nel ricordarle tutte perfettamente a memoria.
Dormire sospirando.


Non ho voglia di fare altro, per oggi.




Però grazie per tutto quello che mi hai regalato senza neanche rendertene conto.

Su quel dolce profilo di persona per bene che sei

Forse non era il caso di rivedersi.




Un tuffo al cuore. 



Mi manchi.
E non ti ho dimenticato.
Cazzo.
"E se ritorni nella mente,
basta pensare che non ci sei,
che sto soffrendo inutilmente,
perchè so, io lo so, so che non tornerai" 

giovedì 2 settembre 2010

Sono=sono

Giuravo che avrei fatto il portiere,
era l'unico a differenziarsi.
Pensavo che non fosse della squadra.
Era vestito meglio e stava fermo
E quando io sto fermo
E' perche' ho qualcosa in mente

Sono come sono

Sono

Quest'assurda giostra del prendere o lasciare

Signori spettatori lo spettacolo è finito,
vi saluto con l’inchino,
sempre in bilico sull’orlo del destino
e un sorriso avrò per tutti voi,
che vediate nel funambolo un buffone
o che vediate in lui un artista
e ringrazio chi ha disegnato questa vita mia perché
mi ha fatto battere nel petto il cuore di un equilibrista.





Meglio soli.



Meglio soli.