sabato 30 ottobre 2010

Ri.pensa.ti

E alla fine turbinii di zozzaggini mediocri, sorrisi falsi, soldi buttati.


Alzi gli occhi vedi la tazza del cesso.
Bianca, lucida.

Torni. Ti alzi. Non vivi. Respiri.

Silence.

Prima qui, ora non più.

Piangi. Servi. Giochi. Speri. Ami. Lavi. Scopi.
Poi?


Ua finestra. Un tavolino. Libri sparsi.

Fumo, si dipana nell'aria come vita.



CLAUSTROFOBIA EMOTIVA: trattieni il fiato, guarda in alto, NON PIANGERE!


Ma, alla fine, la realtà qual è?
E i sogni? e le virtù? e il Futuro?


Ok, vado a farmi un caffè, poi mi spengo almeno per un po'.


Non urlare, la vita dorme là fuori.



Ed ora






trova il tuo centro.

venerdì 29 ottobre 2010

Ricorsi, caos e nebbia

E' strano usare la parola "nebbia" in questi giorni.

Il mondo si lamenta del freddo e della pioggia, come se fosse un male, mentre il cancro di questo mondo è un altro, con mille metastasi che portano quelli della mia generazione a vivere una vita irreale.

Il caos pervade la mia mente e la mia stanza, di conseguenza, non è messa peggio.

Neanche il gatto che, mai come ora, mi è d'aiuto, si diverte più ad esplorare quel mondo nuovo.

Se vedo uno felice mi viene il sospetto che mi prenda per il culo. Spesso è finzione ma, il più delle volte, è una situazione indotta.

Troppe volte ho sentito dire "non voglio impegnarmi", "non voglio amare", "non voglio provare".
Troppo spesso vedo chi si accontenta di galleggiare come uno stronzo mentre i colleghi o i soci si fanno il culo quadro.

Vorrei davvero vedere la nostra società impegnata in una post catastrofe ma, dopo L'Aquila, ho capito che la fiction applicata sul sangue ed il dolore altrui in Italia è possibile, e i giornali scrivono delle troie del presidente e non dei terremotati che sono ostaggi di campi profughi e, nel migliore dei casi, sono ancora in albergo.

Sclero. Mi incazzo. Reagisco.
Passo per arterioclerotica.

Fanculo al mondo, almeno io ci provo a vivere!

Sarò una merda o una fallita, ma non sono un numero.



Nebbia, caos e situazioni già viste.

Oggi sono apparsa alla madonna

Bimbominchia vs cinesi. Secondo me son di più i primi.

Giramento di coglioni.

Vi a effe effe a nculo, non è difficile...

Oddio..

Oddio..

Oddio..

Porco Dio..

Le ultime frasi e poi?

No, son simpatici i giovani che si fingono fighe.


E poi?
Niente.



E una cazzo di dignità che, almeno, IO conservo.

Si trasmette un venerdì mattina con acidità di stomaco, giramento di coglioni e sospiri per situazioni compromessi e decisioni.

Ese bestemmio, dico TI AMO, o rutto, tutto è, in egual misura, vero, reiterato all'estremo e genuino.

Ah se vi fingete donne per dimostrare che poi io vorrei o farei ecc ecc... non autoinvitatevi, si sa, sono romantica.
Ma rutto napalm.

Dio Facebook.com

Inverno 2009.
Come passare da una stagione di felicità assoluta all'inizio della fine.


Maledizione che non ha fine.
Ferita senza guarigione.

Ma non si può tornare indietro, nè rivivere quella stagione. Non si può nemmeno morire, quando non si è bravi a farlo.

Resistere e attendere un nuovo inizio... la pace...

La cura.

giovedì 21 ottobre 2010

Avrei motivo di gioire...

...ma non lo faccio. Non lo sento. Perchè?


Devo smettere di bere per sentir più forte.

venerdì 15 ottobre 2010

Cherry

E se è destino le loro strade si incontreranno di nuovo.








[Belle le favole]






Un po' di confusione in più non può non farmi male.






(non)Voglio rivederti

Ora



Suggerisco alle tentazioni come farmi cedere e poi, a terra, mi sembra impossibile.


Posso ricordarti per sempre?



iostobeneiostomale



a.f.f.o.g.a.n.e.l.l.’.a.l.c.o.l.p.e.r.n.o.n.a.f.f.o.g.a.r.e.n.e.l.l.e.l.a.c.r.i.m.e



s:o:f:f:o:c:a:n:e:l:l:a:n:i:c:o:t:i:n:a:p:e:r:n:o:n:s:o:f:f:o:c:a:r:e:n:e:l:b:l:u














giovedì 14 ottobre 2010

Scoprendo di saper odiare con ogni cellula del corpo

Senza fiato, strozzata e senza forze riuscirò lo stesso a odiarti e urlerò senza parlare

PER POTERTI V-O-M-I-T-A-R-E IN FACCIA TUTTO IL MIO DOLORE!!!!

La soluzione

Sabrina ha scoperto come smettere di bere: ha finito i soldi.




E ora si piange.

martedì 12 ottobre 2010

cp 2 - Rock me baby, drive me crazy






Nessuno lesse più libri.


Ho usato gli occhi per guardare. A te sembra un’azione comune, ovvia. Ma chiediti, domandati: quante volte i miei occhi guardano? quante volte vedono? quante volte chiudo gli occhi dicendo amen e cosi sia, inginocchiandomi alla legge dell’ignorante desiderio?

Dammi ancora un pugno e sposta l’azione. Guardati mentre camminiamo in una piazza vuota, mentre ti studio attentamente senza parole. Anche le assenze sono piene di te e non c’è niente che tu possa fare affinchè io senta la tua mancanza. Se la sentissi, per me sarebbe la fine: succederebbe che non esisteresti più, ritorneresti ad essere solo una vaga idea di quello che voglio e non sentirei più niente.

Dolore, felicità : onde elettriche che mi lasciano addosso l’umido di una sera troppo carica di nebbia.

E’ stato facile decidere di abbandonare le vecchie convinzioni, estirpare le radici...e - probabilmente - sarà altrettanto facile cercare di dimenticarti quando dovrà accadere e allora sì, sentirò la tua mancanza perchè tornerai ad essere niente. Se mai dovessero chiedermi chi sei dirò di non averti mai conosciuto per evitare di averti ancora qui con me.

Cut-

Cambio scena.

Ora puoi anche girare a velocità normale e editare il tutto .
















Ivana Ostapczuk




Rock me baby, drive me crazy (fuori concorso)

Sono contenta.


Sì, sono contenta di non avere sentito la tua voce: abbiamo evitato i sospiri e i silenzi carichi di parole tristi. Abbiamo scampato il pericolo di sentire vacillare il pavimento sotto i nostri piedi e di dire cose di cui ci saremmo sicuramente pentiti. Ci sarà tempo per quello. Mi è rimasto solo quello strano retrosapore: sai quando mangi una caramella e questa finisce e tu hai sulla lingua quel non so che di stopposo a metà fra lo zucchero e il citrato? Ecco.

Quello.

Ora non so chi di noi due sia lo zucchero o il citrato.

Cercherò di prendere un digestivo, forse mi aiuterà a capire la toponomastica di questo strano sentimento. Lo userò come liquido di contrasto e probabilmente mi indicherà la strada.

Seguirò le indicazioni gialle, evitando quelle rosse.

Cercherò di lasciarti indietro. Sto facendo in modo che tu non possa raggiungermi.

Come nel monopoli: tira i dadi vai allo stop e stai fermo un giro. Il tempo di dimenticarti, per favore.





Ivana Ostapczuk




Ulteriori informazioni: http://www.myspace.com/signorinao/blog?page=2#ixzz125uP6oJ8

Zuppa italiana

Sono prosciugata e non trovo le parole. Sono accatastate in un angolo buio e maledetto, freddo. Sono diventata arida. Arrivassero le lacrime a irrigare il deserto che mi hai lasciato, padre.

Ti lascio questo è tutto quello che ho in questo momento

Il canto d'amore di J. Alfred Prufrok T.S. Eliot


Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d'ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l'insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono...
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.


La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d'ottobre
S'arricciolò attorno alla casa, e si assopì.


E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.


E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere, « Posso osare? » e, « Posso osare? »
Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
Con una zona calva in mezzo ai miei capelli -
(Diranno: « Come diventano radi i suoi capelli! »)
Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento,
Con la cravatta ricca e modesta, ma asseríta da un semplice spillo -
(Diranno: « Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia! »)
Oserò
Turbare l'universo?
In un attimo solo c'è tempo
Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà

Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: -
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
Conosco le voci che muoiono con un morente declino
Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
Così, come potrei rischiare?
E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti -
Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
Come potrei allora cominciare
A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini? .
Come potrei rischiare?
E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte -
Le braccia ingioiellate e bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E' il profumo che viene da un vestito
Che mi fa divagare a questo modo?
Braccia appoggiate a un tavolo, o avvolte in uno scialle.
Potrei rischiare, allora?-
Come potrei cominciare?



Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
D'uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?...

Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi


E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
Lisciata da lunghe dita,
Addormentata... stanca... o gioca a fare la malata,
Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
Potrei, dopo il tè e le paste e, i gelati,
Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,
Sebbene abbia visto il mio capo (che comincia un po' a perdere i capelli)
Portato su un vassoio,
lo non sono un profeta - e non ha molta importanza;
Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
E ho visto l'eterno Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
E a farla breve, ne ho avuto paura.


E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
E fra la porcellana e qualche chiacchiera
Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
D'affrontare il problema sorridendo,
Di comprimere tutto l'universo in una palla
E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -
Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
Non è questo, per niente. »
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,
Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose? -
E' impossibile dire ciò che intendo!
Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
Ne sarebbe valsa la pena
Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle,
E volgendosi verso la finestra, dicesse:
« Non è per niente questo,
Non è per niente questo che volevo dire. »
No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l'avvio a una scena o due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po' ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
E quasi, a volte, il Buffone.

Divento vecchio... divento vecchio...
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.

Dividerò i miei capelli sulla nuca? Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
Porterò pantaloni di flanella bianca, e camminerò sulla spiaggia.
Ho udito le sirene cantare l'una all'altra.


Non credo che canteranno per me.


Le ho viste al largo cavalcare l'onde
Pettinare la candida chioma dell'onde risospinte:
Quando il vento rigonfia l'acqua bianca e nera.

Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d'alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo...:





Ivana Ostapczuk

La misura elettrica delle cose

Posso.

Io posso.
Restare ferma e fare finta di niente.
Avere la grazia necessaria
distruggere la mia coscienza.
Posso avere la misura elettrica
della mia anima.
Io posso.
Essere cieca e vedere.
Posso.
Decidere di implodere.
Avere la misura elettrica
del mio corpo.
Posso.
Io posso.
Avere la misura elettrica del mio dolore.


Ivana Ostapczuk

lunedì 11 ottobre 2010

Esser degni

Fin da piccola ho sentito sempre il bisogno di meritare i miei desideri. Ero convinta di non poter avere nulla a priori. Ogni cosa a cui ambivo andava sudata, conquistata. Certo, c'erano anche le cose che possedevo, ma quelle non potevo certo desiderarle. Le denigravo abbastanza. Anzi, di più: non le consideravo affatto.



Volere volere volere.

Se non ero capricciosa nei confronti dei miei genitori, lo ero decisamente di più, e in modo incallito, nei riguardi della mia vita. Ma non era vera ambizione. Era il semplice, assoluto e invincibile desiderio di sognare.

Il mio caso era più quello di "essere degna da un punto di vista morale", germe degli insegnamenti cristiani della mia famiglia. Anche la mela più bella, lì a portata di mano solo per me, doveva essere totalmente meritata. Non potevo coglierla e basta. Non sarebbe stato giusto.

Un sistema pericoloso, che nelle mani della mia mente era diventato ben più contorto e dannoso. La conseguenza era che tutto quello che mi veniva dato mi sembrava immeritato, eccessivo. Un po' forse non ne avevo bisogno, e questo è certo, ma nella mia convinzione di essere in debito con tutti e per tutto c'era qualcosa di enormemente sbagliato.
Però questo atteggiamento mi spingeva ad essere ogni giorno una persona migliore (parlo sempre da un punto di vista morale). E forse era questo il vero tranello.
Dovevo essere migliore per la mia famiglia, per un ragazzo che rincorrevo, per gli amici, e così via. Vivevo un paragone continuo con un ME ideale che era per definizione irraggiungibile.
Il tutto senza contare che le cose nella realtà, nel mondo là fuori, diventavano peggio ogni giorno. Io crescevo e il mondo si infettava, andava in setticemia, si incancreniva, marciva. E io cercavo di salvarlo da sola, ma senza agire all'infuori di me. Una pazzia bella e buona. Dovevo diventare così perfetta e alta da pareggiare un abisso. Non potevo farcela, ma l'avrei capito solo anni dopo.

Quando mi sono arresa. Quando ho abbandonato la guerra. Quando ho capito che aver salvato me stessa ed essere nella condizione di salvare qualcun altro era già un lusso.

Così, di colpo, sono diventate le altre cose, forse, a non essere degne di me. Persone, lavori, problemi.
Lo dico senza superbia.
Lo dico perché ho imparato sulla mia pelle che ci sono scelte da fare. Situazioni da lasciare indietro solo per poter dare il meglio nelle altre che davvero si hanno a cuore.

Per fortuna siamo semplici uomini, non dèi.

domenica 3 ottobre 2010

Oscar Wilde aveva ragione, sulle tentazioni. Ma non credo si riferisse solamente a quelle: ogni cosa cui cerchi di sfuggire ritorna.


Incontri le persone che cerchi di evitare, pensi a ciò che non vorresti.

Se c’è una cosa che non credo smetterà mai di stupirmi è la capacità dei nostri pensieri di avere vita autonoma, nonché quella di compiere lunghissimi viaggi per poi approdare in luoghi che non avresti mai sospettato.
Chiamatelo pure inconscio, se preferite.

Avrei un paio di riflessioni noiose da fare, ma le rimando. Le voglio relegare su un’isola lontana perché sono spuntate non richieste mentre ero completamente assorta dal principio ‘possesso vale titolo’ e non avevano nessun diritto di distrarmi. E poi la verità è che sì, sono spuntate come una lampadina nei fumetti di Topolino e ne ho quasi sentito il rumore, ma le ho lasciate scorrere piuttosto in fretta, come d’altra parte era giusto che fosse.

Mi sono ritrovata a pensare di essere un insieme di alti e bassi a livelli esorbitanti. E soprattutto a constatare che mediamente attraverso più bassi che alti. L’unica cosa auspicabile è che gli alti siano tanto alti da porre rimedio ai bassi – questo ve lo saprò dire (trattasi di teoria ancora in corso di elaborazione).

Se qualcuno mi chiedesse ‘come va’ risponderei ‘bene’ e per una volta tanto non penserei dentro me che non va bene per nulla.

Ho quasi l’impressione di avere meno pensieri. Forse perché arrivati a un certo punto, e in assenza di novità, ho già pensato tutto il pensabile. Uao! Se così fosse potrebbe diventare un buon metodo da adottare in futuro. Chissà, potrei costruire una bella teoria, addobbarla a dovere e raccontare la favola anche ad altri. Potrei risolvere i problemi dei pensieri nel mondo.

No, un momento.

Torniamo sul pianeta terra.

Ogni riferimento a cose o persone sarà afferrato a tempo debito. E a tempo debito forse riceverò le giuste strigliate (forse me le sarò anche meritate).

Comunque sia meglio la terra che le stelle. Perché sì, ok esaltarsi. Ok essere orgogliosi. Ma la stella più luminosa?

Certo, forse tempo fa avrei scritto un post smielato e a contenuto altamente depressivo circa un cammino lungo e faticoso illuminato dalla luce delle stelle. Chissà, forse avrei persino citato una canzone a caso. Avrei scritto qualcosa come ‘seconda stella a destra, questo è il cammino’.

Ma non ora e non oggi.

Non mentre dentro sento qualcosa di diverso e finalmente mi sembra di intravedere la strada giusta. Ora mi vengono in mente tante cattiverie. Ma non le voglio dire, perché cedere all’impulso non sempre porta a buoni risultati.

Ci ho dormito su. E forse non mi ha fatto bene.


Oggi niente lezione di vita. Ne avrei una da propinarvi, ma in qualche modo credo sia un’altra cattiveria. O forse una visione dettata da una situazione soggettiva, quindi lascio perdere.

Niente è per sempre. E chi l'ha detto?

Per amor del vero, avrei voluto dire. Diciamo piuttosto che sono obiettiva e che la nuvola che ieri mi sovrastava, se pur non se n'è andata, è passata da un nero pece a un grigio fumo. E per fortuna, aggiungo.

Nei momenti più critici ho sempre l’istinto di prendere decisioni drastiche ma, per fortuna, a volte, riesco a trattenermi e, pensandoci su, o torno sui miei passi o prendo la stessa decisione ma, se non altro, con un po’ più di consapevolezza.
In questo caso ci ho pensato su e ho rimandato la decisione: hakuna matata.

Che diritto ho di sentirmi triste? Mi sento persino in colpa a sentirmi così. Eppure, a volte, ci sono dei momenti in cui penso che nulla vada bene. Magari sono anche banalità, eppure non si può evitare di pensarci. Per esempio ho sempre detto che non mi pesa essere single, il che è vero ma, se ad un certo punto tutte le persone che ti stanno intorno incontrano l’anima gemella (o anche se non fosse l’anima gemella, l’anima per così dire ‘provvisoria’), trovo inevitabile che uno provi un minimo di sconforto. Che poi va detto anche che al solo pensiero di stare con qualcuno starei già correndo veloce come il vento... and so? What’s wrong with me?

Questa sì che è una domanda.

Mi pesa che tutte queste persone accoppiate mi chiedano novità, mi chiedano se c’è qualcuno nella mia vita. Mi pesa diventare in un certo senso invidiosa di qualcosa che, almeno per ora, (credo) nemmeno vorrei. Mi pesa sentirmi così sola, anche se questo sentirsi sola è legato soprattutto al fatto che sono rimasta la sola ad esserlo. Voglio dire.

Il Natale, una volta passata la cosiddetta infanzia, non mi ha mai entusiasmata più del dovuto. E come potrebbe farlo ora, se penso a tutti gli amici e amiche che non vedono l’ora di festeggiarlo insieme all’anima gemella/provvisoria? E come posso aver voglia di immaginare i festeggiamenti per un nuovo anno che niente porterà di nuovo nella mia vita? Soprattutto ve lo immaginate il countdown? No, perché vi rinfresco la memoria, dopo il 3, 2, 1 oltre al brindisi e alle urla ci sono i tanti baci e abbracci. E io già mi ci vedo. In una baita in montagna, mentre fuori magari nevica, il camino accesso, tutti pronti a festeggiare intorno a un tavolo. E al momento fatidico, io l’unica che non ha nessuno accanto. Ripeto, in sé non è affatto triste. Se tutti gli amici e amiche fossero single sai che festa! Che urla, che salti, che tutto. Ma poiché non è più così… no. So già come finirebbe.
L’ennesima bufera scatenata su di me. E questo non mi piace!

Sì, avevo pensato di divertirmi un po’. Pensate se non è stupido (o se non conferma terribilmente la mia tesi per la quale in effetti preferisco essere single): l’unica persona che da tempi, ormai come dire remoti, mi abbia un minimo ispirato è un ragazzo che non mi piace esteticamente, è prepotente, parla in un modo che non sopporto con tanto di espressioni gergali che, se fosse in mio potere, abolirei definitivamente dalla faccia della terra, se ne frega altamente delle regole, è sostanzialmente pigro.

Se questo non è un indizio..

Quindi quello che ora mi chiedo è cosa posso fare. Decisioni drastiche:

*smettere di frequentare gente accoppiata

*smettere di ascoltare in generale canzoni sdolcinate.

*prendere un treno, un autobus o un aereo che sia e sparire dalla faccia della terra, rinchiudersi in una stanza qualsiasi e non uscirne né avere contatti di alcun tipo per nessun motivo a tempo indeterminato e non determinabile


Ok, l’ultima è un tantino esagerata.. ma quanto alle altre non sono male.

Voi che dite? Sono abbastanza grave da richiedere un ricovero o mi tocca restare tra i sani a torturarmi?
Oh, in ogni caso non è prevista l’astensione dallo scrivere sul blog quindi.. preparatevi.

Imparare dal vento

Vorrei imparare dal vento a respirare,
 dalla pioggia a cadere,
dalla corrente a portare le cose
dove non vogliono andare
e avere la pazienza delle onde di andare e venire,
ricominciare a fluire.
Un aereo passa veloce e io mi fermo a pensare
a tutti quelli che partono, scappano o sono sospesi
per giorni, mesi, anni
in cui ti senti come uno che si è perso
tra obbiettivi ogni volta più grandi.
Succede perché,
in un instante tutto il resto diventa invisibile,
privo di senso e irraggiungibile per me,
succede perché fingo
che va sempre tutto bene
ma non lo penso in fondo.
Torneremo ad avere più tempo
e a camminare per le strade che abbiamo scelto,
che a volte fanno male,
per avere la pazienza delle onde
di andare e venire,
e non riesci a capire .
Succede perché,
in un instante tutto il resto diventa invisibile,
privo di senso e irraggiungibile per me,
succede anche se il vento porta tutto via con sè,
vivendo e ricominciare a fluire
ricominciare a fluire
ricominciare a fluire
ricominciare a fluire







Ricomincerò a fluire?

Right where it belongs

Sorseggio la mia solita tazza di caffè nero fumante.





Alcune paure sono andate via. Ne sono nate delle nuove, molte mi accompagneranno sempre.
Ho acquistato certezze e sicurezze, non mi importano più molte cose, quelle superflue, quelle di cui si nutrono persone della mia età.
Ogni giorno metto un altro mattone nel muro per costruire la mia casa, e questa casa mi piace sempre di più.
E' diventata splendida, contemporanea, con quel sapore di retrò poco romantico e molto malinconico, piena di blu e finestre e balconi da cui ammirare tutto, ogni tanto lasciarsi osservare e, raramente, fare entrare qualcuno. Qualcuno per cui valga la pena di aprire quella piccola piccolissima porta, nascosta dai rovi con le spine di plastica.

venerdì 1 ottobre 2010

Perchè, te la sentiresti?

Perché, te la sentiresti? Te la sentiresti davvero di ricominciare da capo? Di fare ancora una volta conoscenza piano piano, di affrontare un primo appuntamento, di sentire bugie su bugie e promesse al vento? Di sentirti crollare il mondo addosso? Di non sapere dove sbattere la testa? Dove poggiarti, dove guardare, perché tutto fa male?


Sopporteresti ancora una volta l'amore non corrisposto?



No, non ce la faresti.



E' tutto troppo, troppo immenso e doloroso.



Non fa per te, no, non fa per me.