mercoledì 24 novembre 2010

La vita vera non è su Facebook!

Ricordiamo il termine “virtuale”.


Sono su Facebook quindi esisto. Per quanto parafrasare Cartesio possa sembrare a volte un abuso, in una società in cui per dimostrare la tua esistenza devi apparire, Facebook è atterrato come il cacio sui maccheroni. Quindi fenomeno sociale di puro esibizionismo? Moda? Meteora? Facebook, paradigma di un’umanità che finge, che nasconde i propri limiti in casa e vuole invece esibire sul web ciò che non è: brillante, giovanile, produttiva, impegnata, immortale? Per niente. Anzi eccellente veicolo e volano, anche per l’economia, oltre che per le idee, vero carburante di una società a rischio di involuzione e di declino.
Non dimentichiamo il contesto universitario in cui è nato, vero incubatore di innovazione. E perché no? Anche angolo di vero, spassoso divertimento. E non solo per certi video suggeriti o per talune storielle gradevoli, ma soprattutto per alcuni profili e fotografie. Soprattutto di chi conosciamo. Ma li avete visti? Tutti in costume da bagno, in pose prestanti, abbronzatissimi, tosti, anche quelli che sappiamo essere in ben più cattivo arnese. Guardare, per credere, anche i cosiddetti “Vip” comaschi.
Allora: giudizio positivo o negativo? Facebook è uno strumento e, come tutti gli strumenti, dipende dall’uso che ne facciamo. Direste che l’energia nucleare è per definizione un’invenzione negativa? Che i derivati dell’oppio servono solo per drogarsi? Dipende dall’utilizzo. Siamo noi i buoni o i cattivi. Volete degli esempi, oltre a quello scontato di ritrovare amici, compagni di classe, soggetti appartenuti a cosiddette “precedenti vite” di noi utenti un po’ maturi? Facebook è per esempio un ottimo sistema per risparmiare tempo e denaro. Avete mai provato a radunare gruppi? A organizzare un evento? Fa risparmiare tempo e telefonate, quindi denaro. Può essere motivo di arricchimento, veicola idee, informazioni. Certo, anche negative. In mano a malfattori può essere molto pericoloso. Come può esserne dannoso un abuso.
Mi riferisco a certi ragazzi che ci passano i pomeriggi e le sere. Penso a quanti rinunciano a stare veramente con gli amici, per “stare su Facebook”. Va dosato, come tutto nella vita a ben guardare. E poi, ormai la globalizzazione è nei fatti. Possiamo essere a favore o contrari, ma non possiamo certo fermarla. Allora la cosa migliore è governarla, senza fare resistenza al cambiamento.
In un mondo dove tutto è globalizzato, dove si spostano le merci da una parte all’altra del pianeta, dove la Cina tesse le magliette che l’Italia disegna e che gli Usa vendono; dove a Mumbay rispondono i call centers per gli utenti di elettrodomestici di Edimburgo, così anche le persone, cioè noi, viaggiamo nel web e, quindi, virtualmente, in ogni parte del mondo, con il nostro profilo, le nostre affermazioni ed i nostri amici di Facebook, anche loro più virtuali che veri.
Ma l’importante, soprattutto per i ragazzi, è non dimenticare mai il termine “virtuale”. Non è il mondo vero, non sono sempre gli amici veri quelli su Facebook.
La realtà vera, la vita vera, è fuori, è quella che si percepisce con i cinque sensi, non è quella che appare sul monitor del computer.



(da www.corrierecomo.it)

giovedì 18 novembre 2010

Heart

Manca da star male.




Buone notizie: ho ancora un cuore.

Cattive notizie: ho ancora un cuore.



Buone notizie: domani tornerò a non averlo.

Cattive notizie: domani tornerò a non averlo.

mercoledì 17 novembre 2010

Io ti cercherò

Come è strano incontrarti di sera in mezzo alla gente, salutarci come due vecchi amici "Ehi ciao, come stai?". Quando un giorno di notte m'hai detto "Non ti lascerò mai".
Quando un giorno di notte t'ho detto "Non ti lascerò mai".
E adesso siamo occhi negli occhi e non serve a niente parlare. Ho la mappa di tutti i tuoi nei, io la potrei disegnare.
Nei tuoi occhi ritrovo i miei giorni di qualche anno fa, le domeniche senza far niente e voglia di sincerità. Parliamo un po', raccontami quello che fai. Sei la stessa che un giorno m'ha detto "Non ti lascerò mai", quando un giorno di notte m'hai detto "Non ti lascerò mai".
Quando un giorno di notte t'ho detto "Non ti lascerò mai".
Io ti cercherò negli occhi delle donne che nel mondo incontrerò e dentro quegli sguardi mi ricorderò di noi. Chissà se si chiamava amore...
Nei tuoi occhi mi ritrovo nell'attimo prima in cui sto per baciarti. L'universo si ferma un'istante perché vuole ammirarti.
Tutto il resto mi passa alle mani come la sabbia del mare, resta solo un diamante che brilla e che continua a brillare. Ogni volta che mi torni in mente continua a brillare, in un angolo della mia mente ti continuo ad amare.

Io ti cercherò negli occhi delle donne che nel mondo incontrerò e dentro quegli sguardi mi ricorderò di noi. Chissà se si chiamava amore...

mercoledì 10 novembre 2010

lunedì 1 novembre 2010

Tecnologia

Una volta i mezzi di comunicazione tecnologici non erano così invasivi come adesso: dal codice morse siamo passati al telefono e solo in questi ultimi decenni si sono evolute altre forme comunicative più rapide ed efficienti.

Ciononostante, un metodo che mi ha sempre affascinato, è quello della classicissima lettera. Ricevere una missiva cartacea da una persona che si conosce (ma sì, anche che non si conosce!) è sempre fonte di curiosità e di insolito interesse. Ovvio che subito vedendo il mittente si sa chi ha mandato, ma è il contenuto che va scoperto piano piano che ne accresce il mistero.
In primis, c'è l'apertura della busta: che si usi una lama o ci si faccia breccia con la punta del dito tra i piccoli rialzi della linguetta adesiva, le domande iniziano a farsi vive nella nostra mente. Estratta la lettera vera e propria, poi non resta che leggerla; possiamo leggerla stando in piedi, seduti al tavolo con i gomiti puntati sul piano o comodamente posati sul divano a gambe protese, ma la nostra attenzione per i minuti che durerà la lettura, è totalmente catalizzata su quel foglio.
In una lettera scritta a mano si possono vedere tante cose: la calligrafia di chi ce l'ha mandata, l'ordine con cui scrive e la precisione, il fatto che la riga tenda a salire o scendere (soprattutto se il foglio è senza righe), gli errori e le correzioni delle parole, che non possono essere celati se non con tratti di penna ahimè visibili... tutto questo ci può far capire che tipo sia la persona che ci ha scritto o in che stato d'animo fosse in quel momento.
Una volta giunti alla fine, sempre che i contenuti non ci abbiano fatto interrompere prima la lettura, arriva il momento di decidere cosa farne. Potrebbe ad esempio essere una bella lettera, scritta da una persona cara di cui vogliamo tenere un ricordo, e allora una volta rimessa nella busta sarà possibile metterla via, magari nel cassetto di un comò o in un contenitore con altri oggetti importanti. Se invece si trattasse di una lettera sgradita, ci si può sempre lasciare andare ad uno scatto d'ira e strappare la carta fino a ridurla in coriandoli, bruciarla o anche più semplicemente accartocciarla e tirarla via nel caso sia solo inutile. Ad ogni modo, qualunque sia l'azione che intraprenderemo, sarà sempre come avere davanti chi ci ha mandato la lettera e sfogarsi con lui, lasciarsi andare o semplicemente ringraziarlo/ignorarlo.


Ora le cose sono cambiate.

*PLIN*

Eccolo, nuovo messaggio di posta appena arrivato.
Vedo chi mi ha mandato la mail e l'oggetto, faccio un click e sullo schermo mi appare una serie anonima di caratteri neri su sfondo bianco, tecnicamente impeccabile (questo non vieta però di fare errori d'italiano eheh), ma assolutamente asettica.
Se è lunga scorro col mouse e la leggo, mentre magari sto sentendo la musica, chatto con amici o mi vedo un filmato su youtube.
Dopo essere tornata da capo più volte perchè si è perso il filo del discorso, se l'interesse destato dalla lettura è positivo, allora la mail rimane lì; nel caso sia negativo invece, con la più totale indifferenza basta fare un altro click e la mail viene cestinata.

Tutto troppo freddo, meccanico. Ogni cosa perde d'importanza, è una banale routine. Manca quel "sentimento" che quel semplice foglio di carta in mano nostra ci faceva provare, la mail è uno squallido surrogato che non riesce a non banalizzare anche uno scritto che può essere estremamente importante.



La tecnologia ci ha migliorato la vita?