venerdì 29 ottobre 2010

Ricorsi, caos e nebbia

E' strano usare la parola "nebbia" in questi giorni.

Il mondo si lamenta del freddo e della pioggia, come se fosse un male, mentre il cancro di questo mondo è un altro, con mille metastasi che portano quelli della mia generazione a vivere una vita irreale.

Il caos pervade la mia mente e la mia stanza, di conseguenza, non è messa peggio.

Neanche il gatto che, mai come ora, mi è d'aiuto, si diverte più ad esplorare quel mondo nuovo.

Se vedo uno felice mi viene il sospetto che mi prenda per il culo. Spesso è finzione ma, il più delle volte, è una situazione indotta.

Troppe volte ho sentito dire "non voglio impegnarmi", "non voglio amare", "non voglio provare".
Troppo spesso vedo chi si accontenta di galleggiare come uno stronzo mentre i colleghi o i soci si fanno il culo quadro.

Vorrei davvero vedere la nostra società impegnata in una post catastrofe ma, dopo L'Aquila, ho capito che la fiction applicata sul sangue ed il dolore altrui in Italia è possibile, e i giornali scrivono delle troie del presidente e non dei terremotati che sono ostaggi di campi profughi e, nel migliore dei casi, sono ancora in albergo.

Sclero. Mi incazzo. Reagisco.
Passo per arterioclerotica.

Fanculo al mondo, almeno io ci provo a vivere!

Sarò una merda o una fallita, ma non sono un numero.



Nebbia, caos e situazioni già viste.

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